Secondo la Corte Suprema condotte ” stressogene” del datore di lavoro contro il militare anche se limitate nel numero e nel tempo possono configurare un fatto illecito e quindi risarcibile.
La pronuncia assume un significato importante atteso che ad oggi molte denunce che in precedenza non integravano gli estremi del ” mobbing” assumono una connotazione potenzialmente risarcitoria in ragione dell’illecito perpetrato nei confronti del militare .
I comportamenti ( pur limitati nel numero e nel tempo) devono assumere la connotazione di a) condotta ” scientemente ” attuata nei confronti del lavoratore; b) avere valenza ” stressogena”.
In tale ottica anche un demansionamento, un’imposta inattività ” forzosa” , una sola sanzione disciplinare e /o trasferimento potrebbero assumere a titolo di indizio e quindi di prova la valenza di un atteggiamento persecutorio che potrebbe assumere valenza civile oltre che ( eventualmente ) penale.
A titolo di risarcimento del danno il militare potrà avanzare richiesta di risarcimento del danno ex art. 2087 c.c. per violazione degli obblighi di protezione della salute del datore di lavoro entro il termine di dieci anni dal verificarsi dell’evento.
“Straining” potrà essere pertanto la grave ingiuria, la pesante avance, la discriminazione sessista e financo l’isolamento imposto al lavoratore in assenza di altre condotte.
In tal senso non appare neppure necessario provare l’intento doloso del datore di lavoro potendosi accertare anche per fatti concludenti la volontà emarginatrice o comunque penalizzante in danno del lavoratore.
In definitiva nuovi spazi a tutela del diritto alla serenità dell’ambiente di lavoro ed alla dignità ed integrità del lavoratore ( lavoratrice) con le stellette.