Recentemente il Tribunale Amministrativo Regionale del Friuli si è trovato a decidere in ordine al caso di un militare, in servizio permanente effettivo, sanzionato con la misura espulsiva dalla FF.AA., in via disciplinare per essere stato trovato in stato di ebrezza all’interno della propria camerata.
Sul punto, in assenza di condanne penali, la sanzione dell’espulsione si giustifica in astratto in ordine ad un giudizio di meritevolezza ( disciplinare) in ordine al mantenimento del grado.
In concreto non vi è proporzione ( questo l’assunto dei giudici amministrativi) tra l’infrazione commessa e l’addebito disciplinare mosso al militare.
Interessante riportare uno stralcio ( niente di più…) della sentenza che si è interessata della questione: ll D.Lgs. n. 66 del 2010, recante il Codice dell’ordinamento militare, dopo aver fissato il principio di gradualità delle sanzioni in relazione al tipo di condotta posta in essere, alla gravità della stessa, e alla natura dell’elemento soggettivo che la assiste (articolo 1355), e aver distinto tra sanzioni di corpo e sanzioni di stato (tra le quali quella per cui è causa), stabilisce che costituisce illecito disciplinare qualunque violazione dei doveri di servizio e della disciplina militare (articolo 1352). Per la tipizzazione delle singole fattispecie occorre andare al D.P.R. n. 90 del 2010 contente il T.U. della norme regolamentari in materia di ordinamento militare.
Ancorché l’atto impugnato non rimandi espressamente ad alcuna norma, assumendone la violazione da parte del destinatario di esso, per come è descritta la fattispecie concreta può essere sussunta nelle fattispecie astratte desumibili dagli articoli 713, comma 2, ovverosia inosservanza dell’obbligo di astenersi, anche fuori dal servizio, da condotte che possano condizionare l’esercizio delle funzioni, e 732, comma 3, lett. a), vale a dire trasgressione al divieto di eccedere nell’uso di bevande alcoliche.
Orbene, l’articolo 751 D.P.R. n. 90 del 2010 prevede di regola per la prima ipotesi e per la seconda solo ove volontaria (volontarietà di cui nel caso di specie non vi è prova) la sanzione della consegna di rigore, che, a differenza della perdita del grado per rimozione, è sanzione di corpo e non di stato. Le sanzioni di corpo sono meno gravi delle sanzioni di stato, perché non incidono, né temporaneamente, né definitivamente, sul rapporto di servizio.
In ogni caso,appare ictu oculi irragionevole e sproporzionata, così da poter essere sindacato anche dal Giudice amministrativo, l’esercizio di discrezionalità amministrativa che nel caso in esame ha condotto ad applicare la più grave delle sanzioni previste dall’ordinamento a una condotta non volontaria, non integrante gli estremi dell’illecito penale (al quale, così ragionando, non si vede quale ulteriore sanzione disciplinare potrebbe conseguire) e che ha determinato una limitatissima (sette giorni) impossibilità di rendere la prestazione lavorativa.
Infatti, seppure l’Amministrazione disponga di un’ampia sfera di discrezionalità nell’apprezzamento della gravità dei fatti e nella scelta della misura afflittiva da applicare, nondimeno tale scelta deve pur sempre conformarsi a parametri di ragionevolezza e proporzionalità rispetto all’illecito così punito (cfr., C.d.S., Sez. III^, sentenza n. 1273/2014).